La luce di Spinoza illumina il futuro

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Bernardo Valli L’ Espresso.

Il suo pensiero è perfetto per il XXI secolo. Perché riconcilia l’umanità impaurita con la ragione e la natura

Nel 1632 sono nati, a meno di un mese di intervallo, un filosofo e un pittore: Baruch Spinoza e Jan Vermeer. Benché abbiano vissuto a qualche chilometro di distanza, nelle Province Unite, Baruch e Jan non si sono mai incontrati. Da vivi hanno conosciuto entrambi una certa notorietà, non tale comunque da compensare le tante avversità che hanno pesato sulle loro esistenze fino alla morte. E la morte li ha raggiunti quasi alla stessa età, poveri e indebitati: Baruch a quarantaquattro anni, Jan a quarantatre. Due vite brevi ci hanno lasciato inestinguibili eredità.

Le loro opere hanno in comune la luce. La qualità della luce nei quadri di Veermer rivela una meditazione calma e assorta sulla normale vita quotidiana. Le luminose dimostrazioni di Spinoza ci fanno guardare l’uomo e il mondo in modo diverso. Ad accostare le figure del pittore e del filosofo è Frédéric Lenoir in “Le miracle Spinoza” (editore Fayard), che campeggia in questa fine d’anno nelle librerie parigine. Nessun filosofo è stato tanto insultato e odiato come Spinoza, accusato per secoli di “ateismo”, di “materialismo”, di “immoralità”. E poi invece esaltato, come una terra promessa appena scoperta: Goethe si è dichiarato suo discepolo e ammiratore incondizionato; Einstein lo ha definito un prolungamento metafisico della sua rivoluzione fisica; Flaubert si è detto affascinato dall’uomo, dal suo cervello, dal suo spirito, dalla sua scienza; Nietzsche ha scritto: «Ho un precursore e quale precursore!». Sarebbe ingenuo prolungare le citazioni. I saggi, le biografie, le antologie dedicate a Spinoza non si contano. Sono un fiume in piena. Ricordo il volume dei Meridiani, nella collezione Classici dello Spirito (2007), a cura e con un limpido saggio introduttivo di Filippo Mignini. È una preziosa guida: comprende le opere di Spinoza accompagnate da note e analisi che appagano le curiosità sul personaggio e sul filosofo.

Di nuovo c’è che trecentoquarant’anni dopo la morte, Spinoza ci appare come il filosofo del XXI secolo. Come l’armonia rivelata dalla luce nelle tele di Vermeer, il suo pensiero ha un effetto distensivo. L’uomo d’oggi rischia di affogare nel negativo e ha bisogno di un pensiero positivo. Un pensiero capace di riconciliarlo con la Natura. E la Natura per Spinoza è l’insieme di tutto ciò che esiste, e in cui è compreso il Dio immanente. Cosmico. Per questo Frédéric Lenoir e tanti altri pensano di avere trovato un amico nel filosofo del Seicento.

Per Spinoza il reale, dalle remote galassie al cuore umano, è retto da leggi immutabili che spiegano tutti i fenomeni. L’uomo è una parte della natura e ubbidisce a quelle leggi universali. La ragione gli consente però di capire i meccanismi che le determinano: ed è come una liberazione fondata sull’osservazione di noi stessi, delle nostre emozioni, delle nostre passioni, dei nostri desideri, del nostro corpo. Per Spinoza nulla è irrazionale. Se nel nostro comportamento c’è qualcosa che appare tale bisogna scoprirne le cause. La gelosia o la collera possono essere spiegate logicamente come l’eruzione di un vulcano. «Non deridere, non lamentarsi, non detestare, ma capire». Questa è la linea filosofica spinoziana: piuttosto che abbandonarsi alle emozioni, cerchiamo di comprendere gli avvenimenti che le hanno provocate, al fine di evitare i giudizi morali, i sarcasmi, le proteste, l’odio o la collera. Cosi si arriva a rivolgere uno sguardo razionale, giusto e dunque placato, su tutte le situazioni. Pur non essendo favorevole alle religioni, Spinoza non nasconde a più riprese la sua ammirazione per Cristo che ripeteva «non giudicate». Vincere il male identificando e annullando le cause gli sembra più utile che indignarsi, lamentarsi, detestare e condannare. Ha abbastanza fiducia nella forza della vita per denunciare tutti i fantasmi negativi che l’affliggono.

L’autore di “Le miracle Spinoza” si sente amico del flosofo la cui gloria risiede nella razionale innocenza del pensiero, espresso con rigore matematico. Amico non solo del filosofo, ma anche dell’uomo asciutto, fragile, viso ovale e bruno, occhi neri accesi, la cui dignità nella pratica quotidiana rispecchiava la vita disegnata nelle opere.

© L’ Espresso 
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